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Energia oscura: Einstein aveva ragione?

Un team internazionale di astronomi guidati da ricercatori dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) analizza con una nuova tecnica  la distribuzione delle galassie più lontane dell’Universo. Ne esce una importante conferma: l’enigmatica “energia oscura” potrebbe essere la principale responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’Universo recentemente osservata. La scoperta, che viene pubblicata oggi sulla rivista Nature, fornisce una nuova prova dell’effettiva presenza dell’energia oscura nell’Universo e apre nuove prospettive per la comprensione della sua natura.

Cos’è l’energia oscura, l’enigmatico “motore” che starebbe accelerando l’espansione dell’Universo? Un ulteriore “ingrediente” esotico che permea il Cosmo oppure l’apparente accelerazione ci sta solo suggerendo che le equazioni della Relatività generale di Einstein debbano essere modificate?

A questi interrogativi cruciali della cosmologia contemporanea cerca di dare una risposta decisiva un team internazionale di ricercatori, guidato da astronomi dell’INAF. Per risolvere il dilemma hanno utilizzato una nuova tecnica di analisi della distribuzione nello Spazio delle galassie lontane per comprendere due fatti fondamentali: come la materia si sia aggregata nel tempo e con quale rapidità. I risultati di questa indagine, pubblicati in un articolo sul numero odierno della rivista Nature, seppure non permettano ancora di distinguere definitivamente fra le due possibilità, rappresentano un importante passo avanti fornendo una nuova prova dell’effettiva presenza dell’energia oscura nell’Universo e aprono nuove prospettive per la comprensione della sua vera natura.

“E’ stato un lavoro lungo e complesso” commenta Luigi Guzzo, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera, primo autore dell’articolo. “Abbiamo infatti misurato l’effetto complessivo dei moti con cui le galassie si avvicinano una all’altra per effetto della reciproca forza di attrazione gravitazionale per formare i cosiddetti ammassi e super ammassi, analizzando la debolissima radiazione di circa 6.000 galassie molto distanti da noi: la loro luce è stata emessa ben 7 miliardi di anni fa, circa la metà dell’ “età” attuale dell’Universo. I risultati che abbiamo ottenuto confermano la necessità di introdurre nelle teorie cosmologiche questa componente ulteriore che chiamiamo “energia oscura”, ma soprattutto indicano che la tecnica da noi applicata per la prima volta a questo scopo ha un grosso potenziale per il futuro”.

Gli scienziati hanno utilizzato i dati dell’archivio VIMOS VLT Deep Survey (VVDS), una vera “miniera” di informazioni con oltre 45.000 galassie “censite” grazie alle osservazioni con il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory (ESO) sulle Ande Cilene, uno dei telescopi maggiori al mondo.

La ricerca si basa sul fatto che l’energia oscura influenza non solo l’espansione dell’Universo nel suo insieme, ma anche la velocità con cui la attrazione gravitazionale riesce a “costruire”  le concentrazioni di galassie che oggi osserviamo. Infatti, mentre l’Universo nella sua globalità si espande e le galassie più distanti ci appaiono allontanarsi fra loro, a scale e distanze minori, di “solo” qualche decina di milioni di anni luce, l’attrazione gravitazionale “vince” sull’espansione e la materia si aggrega in strutture via via più grandi, i cosiddetti gruppi ed ammassi di galassie.

La ricerca, in sostanza, confronta la velocità di crescita delle strutture formatesi 7 miliardi di anni fa con quelle più recenti e  mostra, anche se con un’incertezza ancora residua ma in modo indipendente dalle altre osservazioni finora disponibili,  come sia inevitabile dover introdurre l’energia oscura come “ingrediente” per spiegare quanto osserviamo nell’Universo.  “Il metodo utilizzato è molto promettente” prosegue Guzzo. “Aumentando di almeno dieci volte il volume di Spazio esplorato rispetto a quello usato nel nostro studio, potremo dire in modo certo cosa “sostenga” l’accelerazione dell’Universo che osserviamo e cioè se l’energia oscura sia veramente una nuova “sostanza”, oppure non siano da ritoccare le leggi della gravitazione di Einstein. Grazie a nuovi grandi progetti di survey già in corso nel mondo o in progetto come ad esempio il satellite a guida italiana SPACE  proposto all’Agenzia Spaziale Europea, che ha tra le sue armi vincenti proprio l’uso di questa tecnica, ce la faremo!”