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Maioria dos italianos se considera pobre subjetivo

A maioria das famílias italianas se considera pobre subjetivo. A informação surge a partir de um estudo realizado pelo  Istituto di Studi e Anali Econômica –Isae, segundo o qual 74% das famílias italianas poderiam ser enquadradas nesse conceito, cujo parâmetro é uma renda de 1.300 euros/mês para solteiros, 1.800 euros para um casal, e acima de 2.000 para famílias com mais de duas pessoas. No caso da pobreza relativa – renda de 936 euros/mês para uma família de duas pessoas -, os dados do Instituto Nazionale di Statistica indicam que 11,1% das famílias da Itália estão nessa condição.

O conceito de pobreza relativa é baseado na percepção do indivíduo em relação à renda familiar, ou seja, ela é adequada para manter uma vida digna, sem luxo, mas sem privação do necessário. A percepção de  desvantagem ´´e maior entre os núcleos com chefe de família com baixo nível de instrução, com emprego de operário, ou desempregados e domésticas. A incidência da pobreza subjetiva é mais elevada na região meridional, em relação ao centro e ao norte.

Veja o estudo completo:

http://www.isae.it/nota_mensile_luglio_2007.pdf

La povertà soggettiva in Italia e in Europa

Con la povertà soggettiva, di cui si forniscono i dati aggiornati in questa Nota, viene rilevata la percezione degli individui circa l’adeguatezza del proprio reddito familiare per condurre una vita considerata dignitosa, cioè “senza lussi ma senza privarsi del necessario”: influiscono quindi nella valutazione una varietà di fattori, non tutti quantificabili direttamente, di tipo culturale, sociale,psicologico, quali lo stile di vita e le abitudini di consumo, la percezione del costo della vita, le aspettative.

Evidentemente, si tratta di un concetto di disagio più ampio di quelli, tradizionalmente rilevati dalle statistiche ufficiali, che fanno riferimento alla povertà intesa in senso esclusivamente economico,cioè come scarsità di risorse: ad esempio, secondo gli ultimi dati dell’ISTAT, la soglia di povertà relativa nel 2005 è pari, per una famiglia di due persone, a 936 euro, e in base a tale definizione l’11,1% delle famiglie è povero.

Non deve quindi stupire che la soglia di povertà soggettiva sia sensibilmente più elevata: nell’ultimo periodo di rilevazione tale valore è risultato pari a circa 1.300 euro mensili per i single e 1.800 euro per le coppie, mentre i nuclei più numerosi raggiungono valori più elevati, ben oltre i 2.000 euro. Di conseguenza, è molto alta la quota di individui i cui redditi familiari sono inferiori a tale soglia, e che quindi ritengono di non avere le risorse per condurre un’esistenza dignitosa: si tratta del 74% delle famiglie. Tuttavia, va rilevato come tale percentuale, in costante crescita fin dal 2003, si sia stabilizzata nell’ultimo periodo di rilevazione. L’incidenza della povertà soggettiva è più elevata nelle regioni meridionali, rispetto al Centro ed al Nord, tra i single e le coppie (rispetto ai nuclei più numerosi) e, come atteso, tra le famiglie con redditi più bassi, cioè nei primi due quintili della distribuzione. Inoltre, la percezione di svantaggio è maggiormente diffusa tra i nuclei con capofamiglia con basso livello di istruzione, con un impiego da operaio, oppure tra quelli dei disoccupati e delle casalinghe; allo stesso modo, la povertà soggettiva riguarda più spesso i detentori di un contratto da dipendente a tempo determinato (rispetto al tempo indeterminato) e chi vive in affitto.

Accanto a tali stime, relative all’Italia, si presentano anche gli ultimi dati disponibili per l’Europa, ottenuti dall’indagine EU-SILC per il 2004. Tale indagine, peraltro, sostanzialmente conferma, per l’Italia, l’ordine di grandezza rilevato dall’inchiesta ISAE per il periodo luglio 2003-giugno 2004.

Dal confronto internazionale si rileva una diffusione della povertà soggettiva maggiore tra i paesi mediterranei e minore in quelli nordici (tale differenza è coerente con quanto emerge dall’utilizzo degli indicatori di povertà tradizionali): la quota di famiglie soggettivamente povere è massima in Grecia (76%), in Italia (63%) ed in Spagna (60%), mentre è inferiore nel Portogallo (47,5%); nei paesi scandinavi, viceversa, l’incidenza è minima, e si attesta tra l’11 ed il 16 per cento.

Vedi più dettagli:

http://www.isae.it/nota_mensile_luglio_2007.pdf