Morte del congiutivo
C’era una volta il congiuntivo. Incubo degli scolari, idolo dei pedanti, fiore all’occhiello dell’epistolografia amorosa, a tutti i livelli, compreso il Segretario galante. (<<Gentile signorina, sebbene Ella non se ne sia accorta, io la seguo da tempo; e qualora nel suo cuore albergasse un sentimemnto che oserei sperare di simpatia verso di me, sappia che la mia piu’ viva aspirazione e’ dimostrarle quanto io l’ami e la desideri dal profondo del cuore, pur non ignorando quanto la sua signora madre, per anacronistici motivi di differenza sociale, tuttora mi eviti, mi detesti e mi dispezz>>). Nei salotti i ben pensanti e i ben parlanti tremavano nell’affrontare la desisnenza d’un congiuntivo, sbagliarla era una gaffe imperdonabile, peggio che indossare scarpe marrone sotto lo smoking. E’ noto lo scherzo notturno fatto da un amico buontempone a Basilio Puoti, l’intransigente purista napoletano, maestro di Francesco De Sanctis, il quale brontolava che le cose sotto i Borboni anadavano male perche’ la gente non conosceva l’uso corretto dei verbi. L’amico ando’ a bussare alla porta del Puoti, questi mezzo assonnato s’affaccio’ alla finestra, a domandare che cosa desiderava. <<Vorrei che tu ti alzi>> grido’ l’amico dopo essersi fatto riconoscere. <<Sciagurato>>, esclamo’ il purista <<che tu ti alazassi, si deve dire, che tu ti alzassi!>>. La profanazione della sintassi l’aveva indignato piu’ che l’essere stato svegliato nel cuore della notte.
Basilio Puoti e’ morto senza lasciare successori, tranne quelli che nel Meridione, tralignando, dicono Si accomodasse! invece di Si accomodi! A cent’anni di distanza e’ mortuo anche il congiuntivo, ucciso da quegli strumenti di comunicazione che in anglolatino si chiamano mass media e in italiano mezzi di massa. Roma e’ la capitale del cinema, che fatalmente risente del romanesco, nemico di chiarato del congiuntivo. Cosi’ nei film sono frequenti dialoghi del tipo:
<<Desidero che mi dici la verita’>>
<<E’ iniutile che insisti, te l’ho gia detta>>
<<Non vorrei che mi prendi in giro>>.
(In buon italiano: che tu mi dica... che tu insista... che tu mi prendessi). Al confronto, possiedono orecchio da cruscanti i clown che all’ingresso del circo esortano: <<Venghino, venghino, signori>>, o il posteggiatore abusivo che, teleguidando a gesti il pilota, in retromarcia, incita: <<Vadi pure, dotto’, vadi pure!>>. Questi almeno, se sbaglia la desinenza del congiuntivo, ne avverte confusamente l’esigenza.
Ma e’ proprio un’esigenza assoluta? Certi linguisti sono piu’ lassisti del posteggiatore abusivo. <<Molti miei colleghi, storici della lingua, quando parlano non usano piu’ il congiuntivo>>, ha dichiarato a un convegno bolognese, con un sorriso di sconforto. Giovanni Nencioni, presidente dell’Accademia della Crusca <<Lo uso io, perche’ sono un vegliardo>>. E cosi’ l’italiano, guarito dalla <<congiuntivite>> ottocentesca, tende a privilegiare, per usare un vocabolo di moda, il modo indicativo. La distanza classica tra il congiuntivo, arduo sentiero per esprimere il dubbio, la possibilita’, l’irrealta, l’esortazione, cioe’ la sfera delle opinioni soggettive, delle azioni non certe; e l’indicativo, strada maestra della realta’ oggettiva, delle azioni certe, va scomaparendo.
Testi consultati:
Beccaria, G., I linguaggi settoriali in Italia. Milano: Bompiani, 1974;
Ferrau, A. , Prontuario dei termini politici ecnomici e sociali in uso in Italia. Roma: Zingarelli, 1974;
Marchi, C, Impariamo l’italiano. Milano: Rizzoli, 1984;
Sabatucci, N., Il linguaggio dei politici. Roma: Armando, 1965.