Il movimento femminista
La storia ufficiale del femminismo inizia nell’Ottocento ed è stata divisa in tre diverse fasi - dette “ondate” - che corrispondono ad altrettante generazioni di donne decise a battersi per i propri diritti. Ogni ondata ha portato con sé nuove priorità, nuovi metodi e nuove protagoniste. Ma esiste anche una preistoria del femminismo. Basta pensare alla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, voluta dalla femminista ante-litteram Olympe de Gouges nel 1791, in piena Rivoluzione Francese.
Il vocabolo “femminismo” viene coniato nell’Ottocento per battezzare il neonato movimento per l’emancipazione delle donne. A incarnarlo erano le suffragette, che lottavano per ottenere l’allargamento del suffragio - cioé del diritto di voto - anche alle donne. L’epicentro delle loro battaglie è la Gran Bretagna: è qui che nel 1865 nasce il primo comitato per l’estensione del diritto di voto. All’epoca solo gli uomini potevano partecipare alla vita politica, mentre le donne erano relegate in casa, e l’immagine delle suffragette britanniche che marciano su Manchester e Londra per rivendicare il diritto di partecipare alla dimensione pubblica desta grande scalpore in tutta Europa. In questa fase il femminismo si concentra quasi esclusivamente su rivendicazioni di natura politica, ma le suffragette vogliono anche la parità tra uomini e donne nel diritto di famiglia. In Italia ancora non esiste un movimento strutturato, ma alcune donne - ad esempio Clara Maffei e Cristina Belgiojoso - partecipano attivamente al Risorgimento, dimostrando di avere tutte le carte in tavola per contribuire alla vita politica del Paese. Quasi ovunque, però, le suffragette devono aspettare decenni per vedere risultati concreti: il suffragio viene esteso alla popolazione femminile solo nel ‘900. In Europa il primo Stato a permettere alle donne di votare è la Finlandia nel 1906. La Gran Bretagna concede il suffragio alle sue cittadine solo nel 1918, mentre le italiane e le francesi devono aspettare addirittura fino al secondo dopoguerra. Negli Stati Uniti le donne tagliano l’agognato traguardo nel 1920.
Il movimento femminista si risveglia negli Stati Uniti negli anni ‘60 del Novecento. Dopo la guerra gli Usa conoscono un boom economico ancor più esplosivo di quello europeo, e la prosperità contribuisce a logorare le vecchie strutture sociali, già messe in discussione durante il conflitto, quando le donne avevano sostituito gli uomini impegnati al fronte nelle fabbriche. I temi cari alle femministe della seconda ondata sono nuovi, e spesso scandalosi per l’epoca: si parla di sessualità, di stupro e violenza domestica, di diritti riproduttivi, ma anche di parità di genere sul posto di lavoro. Sono anni di cambiamenti rivoluzionari: basta pensare che nel 1961 negli Stati Uniti viene messa in commercio la pillola contraccettiva, che permette alle donne di controllare la propria fertilità in modo facile, discreto e soprattutto autonomo. Anche in Italia il movimento femminista prende forma e per la prima volta assume dimensioni di massa. Negli anni ‘70 le piazze del nostro Paese vengono invase dalle donne, decise a rivendicare diritti ancora negati, come quello di divorziare o di interrompere una gravidanza indesiderata. Le battaglie per l’aborto e il divorzio sono le più famose, ma non le uniche. Le femministe italiane si battono anche per modernizzare il diritto di famiglia, ad esempio rimuovendo il cosiddetto delitto d’onore, che assicurava pene ridotte agli uomini che assassinavano la moglie adultera.
Bibliografia:
- Grimke, S. Poco meno degli angeli. Lettere sull’uguaglianza dei sessi. Miano: Castelvecchi, 2016;
- Lepetit. L. Autobiografia di una femminista distratta. Torino: Notte tempo, 2016;
- Lorusso, I. Donne contro. Torino: CSA, 2013.
Prof. Alessio Lodes
Italia (Pordenone)
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