L’estetica della velocità
La nuova epoca industriale vede nell’automobile la sua immagine simbolo.
L’Italia riguardo la rivoluzione industriale, era in greve ritardo rispetto agli altri paesi europei. Soltanto un quindicennio 1898-1913 si pongono in Italia le premesse di un’industria moderna, e questo fatto giustifica l’esplosione degli entusiasmi modernisti che caratterizzano le pagine di Morasso e di Marinetti.
Tra i primi entusiasti fautori del mito dell’automobile troviamo Mario Morasso, autore di un libro dal significativo tutolo La nuova arma (la macchina) 1905. Si tratta di un testo complesso in cui vengono esaltate la macchina e la velocita’, ma in cui emergono anche le infinite contraddizioni della modernita’. Morasso vede nella macchina la forma dell’idea della bellezza e compie paragoni entusiastici, che verranno ripresi, anni dopo, da Filippo Tommaso Marinetti nel primo Manifesto del Futurismo. La letteratura sembra arrendersi allo strapotere della macchina e ne diviene strumento propagandistico.
Si e’portati ad osservare dinanzi a noi il miraggio del deisderio umano che e’¿ il caos, l’indistinto, il vortice, un turbine di polvere, una nuvola densa che si smarrisce, si smaterializza e si disgrega in un denso e arido vapore bianco. Leggendo il testo troviamo” Sono portato a pensare che in tutto il complesso di cose e di opere che si riferscono alla corsa, alla velocita’, si trovi insito uno speciale elemento suscettibile di giudizio estetico. [...] La realta’ oggi ci presenta la bella e maestosa furia metallica, avvolta dentro una nuvola di polvere, retta dalla mano dell’uomo in tale corsa delirante, che pare una caduta dentro un’abisso sempre aperto. [... ]
Fu detto per l’alata e decapitata Vittoria di Samotracia, troneggiante in cima allo scalone del Louvre, che ha nelle pieghe della sua vesta racchiuso il vento, e che nell’atteggiamento della sua persona rivela l’impeto della corsa facile e gioconda. Orbene, e non e’ irriverente il paragone, anche il ferreo mostro quando scuote e scalpita per il battito concitato del motore offre nello stesso modo una maginifica rivelazione di forza virtuale e dimostra palesemente la velocita’ di cui e’ capace... [...]
Il romanziere dopo aver consultato i cataloghi delle piu’ reputate fabbriche di automobili, comporra’ i piu’ rari aggettivi, che prima dedicava al cocchio e al cavallo, per esaltare la macchina sulla quale il suo eroe compira’ le marce e le contromarce amorose, ed infine giunto il momento critico risolutuvo adoperera’ addirittura un fraseggiare da ingenegere meccanico con molti termini tecnici. Dira’ Lui: la mise au point della macchina e’ perfetta; e’ stata lubrificata in ogni pezzo; ieri ancora all’ultima velocita’, a presa diretta, ho fatto il chilometro in 26 e quattro quinti di secondo. Rispondera’ Lei, Io voglio essere sicura: E’ una Serpollet o una Mercedes? Il silencieux funziona bene?
Una grande corsa automobilistica e’ la sola gara che oggi equivalga per bellezza, per magnanimita’ e per serieta’ di sforzi e di pericoli, il torneo medioevale e che possa infondere nei cuori moderni le grandi e rudi virtu’ della guerra, le virtu’ eroiche che albergavano in quei cavalieri coperti di ferro e disfidanti la morte.
Io ho la convinzione irremovibile che la macchina sara’ il principale modellatore delle future coscienze, il piu’ profondo ed efficace ducatore della soceita’ umana, che essa sara’ l’emblema, il perno della forma di civilta’ che si sostituira’ alla nostra.
Testi consultati:
M. Morasso, La nuova arma (la macchina). Torino: Fratelli Bocca, 1905;
A. Piromalli, Storia della letteratura italiana. Milano: Einaudi, 1998;
J. Saramago, Oggetto quasi. Torino: Einaudi, 1997
Prof. Alessio Lodes
Italia (Pordenone)
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