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Papato

Le origini del potere temporale del pontefice risalgono al VII - VIII secolo, nel contesto della complessa e frammentata situazione politica della penisola italiana, segnata dalla rivalità tra Longobardi e Bizantini (che continuano a controllare importanti e ampie zone dell’Italia, in particolare l’esarcato di Ravenna – ex capitale del regno degli Ostrogoti – il ducato romano e vari settori dell’Italia meridionale). L’assenza di strutture politiche e amministrative centrali realmente efficaci, sia presso i Longobardi che presso i Bizantini, fanno sì che le popolazioni locali individuino progressivamente nei vescovi – reale e ormai radicata presenza sul territorio, unico elemento di continuità con l’Impero romano tardo – antico – dei referenti non solo spirituali, ma anche delle autorità  in grado di soddisfare le loro esigenze e i bisogni materiali di pubblica utilità. Così i vescovi finiscono, di fatto, per assumere sempre più incarichi e funzioni di natura politico – amministrativa (pur non essendo dei funzionari pubblici, dipendenti, cioè, da un’autorità politica centrale che conferisca loro tali funzioni). Tra questi, il vescovo di Roma, il papa, grazie a figure di spicco come Gregorio Magno (590 – 604), nel tempo riesce ad acquisire ed esercitare un vero e proprio potere politico su ampi territori circostanti. 

I successivi tentativi compiuti nel corso dell’VIII secolo dai re longobardi per estendere il proprio dominio ai territori bizantini (esarcato e ducato romano), inducono il papato romano a consolidare la autonomia politica di fatto raggiunta (anche a seguito della crescente debolezza delle autorità bizantine), temendo l’aggressività dei Longobardi: così, quando nel 728 il re Liutprando conquista la città di Sutri ed il suo castello sottraendoli alle milizie bizantine, papa Gregorio II riesce ad ottenere dal sovrano longobardo la rinuncia ai territori conquistati (il che, ancora una volta, dimostra il ruolo di mediazione politica di fatto esercitato dai pontefici). 

Liutprando anziché restituire i territori acquisiti a favore dei Bizantini (i quali formalmente avevano l’autorità su di essi) decide però di donare ai “beatissimi apostoli Pietro e Paolo” (vale a dire alla Chiesa di Roma)  il castello di Sutri. Questa donazione costituisce formalmente il primo nucleo del potere temporale della Chiesa. In seguito i Pontefici, allo scopo di contenere l’espansionismo longobardo e nel contempo rafforzare il ruolo politico acquisito sul territorio, troveranno vantaggioso allearsi con i re franchi in funzione anti – longobarda: quando, tra il 751 ed il 752, re Astolfo invade l’esarcato e il ducato romano, l’allora papa Stefano II sollecita l’intervento di Pipino il breve (re dei franchi), il quale nel 756 costringe Astolfo a consegnare al pontefice i territori bizantini, considerandoli, a tutti gli effetti, di legittima appartenenza del papa (sebbene di diritto appartenessero a Bisanzio).

Pochi anni più tardi, nel 774, sconfiggendo definitivamente i Longobardi, Carlo Magno – divenuto re dei franchi – riconosce formalmente il territorio pontifico, legittimando l’influenza ed il potere politico da tempo esercitati dai papi. Per sottolineare il ruolo fondamentale svolto da Gregorio Magno quale mediatore “politico” (e non solo spirituale) presso la popolazione romana, basterà citare un episodio: durante i ripetuti attacchi portati ai territori bizantini del ducato romano e l’assedio di Roma da parte del re longobardo Agilulfo tra il 593 ed il 598; Papa Gregorio I organizza la difesa della città e  si pone come mediatore tra la popolazione cittadina e la massima autorità longobarda. 

Grazie ai buoni rapporti con la regina Teodolinda, cattolica, otterrà, inoltre, la conversione al cattolicesimo di buona parte dei Longobardi, originariamente ariani. Si ricordi che i territori bizantini dell’Italia centrale tagliavano in due i possedimenti longobardi, che potevano contare, oltre che sul pieno controllo dell’Italia settentrionale, anche sui ducati di Spoleto e Benevento. E’ dunque questo il primo nucleo territoriale di quello che sarà lo Stato pontificio, anche se si potrà parlare di vera e propria organizzazione statale dei possedimenti del pontefice soltanto a partire dal XIV secolo. successivo documento redatto da Ludovico il Pio (817), figlio di Carlo Magno, conferma ufficialmente i possedimenti del pontefice. Fino all’XI secolo, tuttavia, non si può propriamente parlare di una supremazia del papa, vescovo di Roma, sugli altri vescovi, se non nei termini di un primato d’onore: il papa ha la parola decisiva sulle questioni teologiche, ma le singole sedi vescovili decidono le proprie forme di governo ecclesiastico e di organizzazione della propria diocesi. 

Tra il X e l’XI secolo, d’altronde, il ruolo politico dei vescovi ha ricevuto un importante riconoscimento, come si è visto, da parte degli stessi Imperatori.  Soltanto nel XII secolo, a seguito di un’incisiva azione di riforma che ha il proprio culmine con la figura di Gregorio VII (1073 – 1085), e nel contesto di una crescente rivalità con l’Impero, si realizzerà la struttura monarchica e accentrata della Chiesa, che comporta la dipendenza da Roma di tutti i vescovi: è solo a questo punto che la Chiesa di Roma diventa il vertice indiscusso della cristianità occidentale. Paradossalmente, il processo di riforma della Chiesa è avviato dall’Imperatore Enrico III (1046 – 1056), il cui obiettivo era quello di ottenere un controllo sistematico sulla Chiesa – in particolare sulle funzioni temporali vescovili – ponendo fine alle diffuse pratiche di corruzione (simonia e nicolaismo) e, soprattutto, allo scontro tra le fazioni aristocratiche che si contendevano la nomina delle cariche ecclesiastiche di alto livello. A questo scopo, sfruttando il privilegium Othonis, favorisce la nomina di pontefici di origine tedesca, con l’intento di portare ordine in ambito ecclesiastico: ciò significa fare in modo che i vescovi vengano sottoposti sotto un più stretto controllo da parte di Roma. Questo tentativo determina la reazione da parte dei patriarchi (equivalente dei vescovi) bizantini, non disposti a riconoscersi subordinati al “vescovo di Roma”: si consuma così lo scisma8 d’oriente, da cui si origina la Chiesa ortodossa (1054). Al di là dei pretesti dottrinali, il motivo reale della frattura è legato alle tradizioni di autonomia delle chiese cristiane orientali e dei patriarchi in materia di organizzazione ecclesiastica e di culto (favorita anche dagli interventi degli Imperatori bizantini in materia religiosa per operare una forma di controllo politico). In questo contesto, si segnala l’azione riformatrice di Niccolò II (1059 – 1061), il quale, all’inizio del suo mandato pontificio, nel 1059, compie due gesti dal chiaro significato politico:

Testi consultati:
- Di Rosa, D. Il pontificato di Gregorio II. Un riesame critico. Torino: Aracne, 2012;
- Le Goffe, J. Il corpo nel Medioevo. Milano: Larteza, 2007;
- Villari, R. Mille anni di storia. Dalla citta’ medioevale all’unita’ d’Europa. Milano: Laterza 2005;
- Villari, R. Storia medioevale. Milano: Laterza, 1972.

Prof. Alessio Lodes 
Italia (Pordenone)
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